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tallonite o fascite plantare

C’è chi la chiama la “maledizione del runner” perché è una patologia che coinvolge l’8% dei runners anche se non risparmia anche persone che fanno altri sport e sedentari. Il dolore al tallone nell’80% dei casi è dovuto alla fascia plantare e prende quindi il nome di fascite plantare e affligge approssimativamente dal 10 al16% della popolazione.

La fascia plantare è una banda di tessuto connettivo che ha la funzione di supporto della volta plantare. Durante il movimento di flesso estensione del piede la fascia si accorcia e si stira contribuendo a dare stabilità al piede. Il termine fascite implica il fatto che la parte sia infiammata anche se recenti acquisizioni ci dicono che spesso non vi è infiammazione dei tessuti e che i microtraumi ripetuti sulla regione abbiano un ruolo determinante nello sviluppo della patologia. Per questa ragione c’è chi ha proposto di cambiare il nome in fasciopatia plantare.

Nel 50% dei casi può essere presente una spina calcinare ovvero una calcificazione nel punto di inserzione della fascia.

I fattori di rischio che possono portare allo sviluppo di nascite plantare sono: posizione in piedi prolungate, diminuzione delle dorsalflessione della caviglia, un regime di corsa intenso e obesità.

come capire se soffri di fascite

La diagnosi di fascite si basa sulla storia clinica e l’esame fisico. Il dolore è localizzato nella parte plantare interna del piede che corrisponde all’inserzione della fascia plantare. I primi passi al mattino implicano solitamente molto dolore che tende a diminuire dopo qualche minuto. Questa caratteristica viene definita discinesia post statica e può verificarsi anche dopo essere stati seduti molto tempo. Solitamente la fascite plantare affligge solo un lato e solo nel 30% dei casi può essere bilaterale.

È importante differenziare sempre altre possibili patologie in zona calcaneare come ad esempio fratture da stress del calcagno, tipiche di un carico prolungato importante in particolare su soggetti osteoporotici o che hanno assunto cortisone per periodi prolungati.

Oltre al dolore alla palpazione dell’inserzione della fascia anche il Windlass test può essere utile a fare diagnosi di fascite plantare.

Il test di Windlass test si esegue col la seguente procedura: il paziente è in piedi su di un gradino in pieno carico e con il dito al di fuori del gradino. Si sollecita l’estensione dell’alluce sollecitando quindi la fascia plantare. Il test è positivo se genera dolore al tallone.

All’esame ecografico è possibile vedere un ispessimento della fascia che da considerarsi normale dai 2 ai 4mm di spessore. Una fascia superiore a 4mm è considerata patologica sebbene non sia necessariamente connessa al dolore.

Con la risonanza magnetica, oltre a stimare lo spessore della fascia, è possibile indagare la presenza di altre patologie come le fratture da stress e eventuale rottura della fascia stessa.

Se ti rendi conto di soffrire di questo disturbo potresti provare a fare stretching della fascia plantare per sollecitare progressivamente la fascia plantare e applicare la borsa del ghiacchio 2/3 volte al giorno per 15/20 minuti per ridurre la percezione dolorosa. Per realizzare questa applicazione suggeriamo di congelare una bottiglietta d’acqua e utilizzarla come un rullo gelato per avere un effetto di massaggio freddo. L’utilizzo di cuscinetti in silicone da inserire nelle calzature può essere una valida soluzione per cercare di lenire i sintomi. Se dopo 3 settimane il dolore non accenna a diminuire è bene ricorrere ad una valutazione da un professionista.

Cosa puoi fare per ritrovare il benessere

Nel Percorso Riabilitativo Specialistico (PRS) di Medben partiamo sempre con una valutazione GRATUITA per valutare che effettivamente si tratti di una fascite e che non siano necessari approfondimenti diagnostici.

Il percorso terapeutico inizia con un connubio tra mezzi fisici, esercizi specifici e terapia manuale.

I mezzi fisici hanno lo scopo di eliminare l’eventuale infiammazione presente e di lavorare meccanicamente sulla fascia mediante energie fisiche. L’esercizio serve a rieducare la fascia plantare alle sollecitazioni progressive e la terapia manuale aiuta il paziente a ricalibrare il sistema di percezione del dolore.

Si applica inoltre un bendaggio particolare avente la funzione di scaricare la fascia plantare.

Se questo primo intervento non portasse a risultati soddisfacenti in massimo 10 sedute allora si provvederà con un trattamento di seconda fascia ovvero l’utilizzo delle onde d’urto radiali. Questo potente mezzo fisico gode di una cattiva reputazione perché l’applicazione è molto dolorosa. Presso il nostro centro siamo dotati di un dispositivo di onde d’urto di nuovissima generazione che utilizziamo con un particolare protocollo che consente al paziente di percepire un dolore massimo di 4 su 10 (0=nessun dolore, 10=massimo dolore possibile).

Se anche questo tipo di trattamento non fosse sufficiente a  determinare beneficio si valuterà la possibilità di infiltrare la fascia plantare.

L’infiltrazione può essere eseguita con cortisone o con PRP ovvero sangue del paziente, prelevato e opportunamente lavorato per creare un gel ricco di piastrine, e reinserito.

Il trattamento chirurgico della fascia plantare è estremamente raro. Oltre il 90% dei casi hanno un esito positivo con la approcci conservativi come quelli descritti.

Esistono diverse tecniche chirurgiche per affrontare la fascite. Alcune vanno a desensibilizzare la fascia plantare mediante radiofrequenze o mediante il freddo. Queste tecniche si realizzano mediante un particolare ago che può erogare queste come di energia. Altre tecniche prevedono l’incisione della fascia.

Sicuramente evitare che il problema cronicizzi aumenta le possibilità di buona riuscita del trattamento conservativo quindi se soffri di dolore al tallone e vuoi liberatene velocemente clicca chiama ora o contattaci per una valutazione gratuita effettuata da uno dei nostri fisioterapisti specializzati in queste patologie.

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